Decreto Ristori: misure sul lavoro

Ott 29, 2020

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Premessa

Il Decreto Ristori è stato pubblicato in G.U.

Ulteriori misure urgenti sono state previste in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Di seguito le novità inerenti il lavoro previste all’art. 12 del Decreto.

Ammortizzatori sociali

Il decreto Ristori ha previsto sei settimane collocate nel periodo 16 novembre 2020 e 31 gennaio 2021.

  • Con riferimento a tale periodo, le sei settimane, costituiscono la durata massima che potrà essere richiesta con causale COVID-19;
  • I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati alle sei settimane previste dal presente Decreto.

Le sei settimane di trattamenti sono riconosciute ai datori di lavoro:

  • ai quali sia stato già interamente autorizzato il secondo periodo di nove settimane previsto dal Decreto Agosto;
  • appartenenti ai settori interessati dal DPCM del 24 ottobre 2020 che dispone la chiusura o limitazione delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Contributo addizionale

I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relative alle ulteriori sei settimane versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019:

a) non dovuto per datori di lavoro che:

– hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%;

– per coloro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al 1° gennaio 2019;

– appartenenti ai settori interessati dal DPCM del 24 ottobre 2020 che dispone la chiusura o limitazione delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

b) pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20%;

c) pari al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

Per accedere alle sei settimane, il datore di lavoro deve presentare all’INPS domanda di concessione nella quale autocertifica la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato.

In mancanza di autocertificazione, si applica l’aliquota del 18%.

Termini di presentazione

Le domande di accesso ai trattamenti devono essere inoltrate all’Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.

In caso di pagamento diretto, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione.

Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

Divieto di licenziamento

Fino al 31 gennaio 2021 resta:

  • precluso l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo;
  • sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, del CCNL, o di clausola del contratto di appalto;
  • preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per GMO;
  • sospese le procedure di licenziamento per GMO (ex art 7 L. 92/2012), pendenti in ITL.

Le preclusioni e le sospensioni non si applicano nelle seguenti ipotesi:

  • licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, a meno che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 c.c.;
  • accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, ai quali sarà comunque riconosciuto il trattamento Naspi;
  • licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ma ne sia disposta la cessazione.

Esonero contributivo

I datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti COVID, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, possono richiedere un ulteriore esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico.

Il Decreto prevede un ulteriore periodo massimo di quattro settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile.

L’efficacia degli esoneri contributivi è subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea.

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