INAIL – Malattie professionali dell’Industria: Aggiornamento delle tabelle

Feb 23, 2024

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Dopo un lungo iter, i Ministeri del Lavoro e della Salute hanno emanato il decreto interministeriale contenente l’aggiornamento delle tabelle delle malattie professionali.

Il Decreto interministeriale

Le tabelle individuano le malattie professionali di cui è presunta l’origine professionale e che si distinguono da quelle per le quali, non essendo contemplate nella tabella, il lavoratore deve provare il rapporto causale tra lavorazione e malattia.

La distinzione appare, quindi, fondamentale: solo una corretta definizione dei principi generali che legittimano l’inserimento nella tabella consente di attribuire con la dovuta precisione la correlazione tra l’insorgenza e/o evoluzione della malattia alla lavorazione ed ai rischi in essa insiti.

Per il riconoscimento delle malattie di presunta origine professionale indicate nella tabella, a seguito delle precisazioni contenute nel decreto interministeriale, occorre accertare tre elementi:

– l’esistenza della patologia  indicata

– l’adibizione abituale e sistematica alla lavorazione indicata in tabella (questa è una delle maggiori

novità della nuova tabella)

– la manifestazione della malattia entro il periodo massimo di indennizzabilità.

Spetterà all’Inail (o al datore di lavoro, in caso di controversia) l’onere di provare l’eventuale diversa origine (non professionale) della malattia.

Rimane aperta la questione della incidenza causale di fattori non professionali (es., individuali e ambientali) che concorrono a produrre la contrazione e lo sviluppo della malattia, così dando luogo alle cd malattie a genesi multifattoriale. In questi casi, il fattore lavorativo può assumere un’efficacia causale determinante oppure concorrere con altri fattori (l’età, i fattori di rischio presenti nell’ambiente, condizioni personali pregresse o sopravvenute, abitudini alimentari e stili di vita).

Un esempio è dato dall’origine di gran parte dei tumori o delle questioni legate ai danni uditivi, dove le abitudini personali (es. fumo) o i fattori estranei al lavoro (fattori legati all’età ed al rumore presente in ambienti non lavorativi) incidono grandemente sulla contrazione e sullo sviluppo della malattia.

Questa distinzione è ancor oggi oggetto di dispute, in quanto non appare coerente ricondurre al lavoro (ed alla responsabilità del datore di lavoro) eventi sui quali non ha un controllo.

La circolare dell’Inail

L’Inail ha pubblicato una circolare che non conferma la necessità della prova “che la patologia sia riconducibile in via diretta ed esclusiva ad altra causa extralavorativa”, confermando, così, il principio dell'”equivalenza causale” in assenza di una diversa causa esclusiva.

L’applicazione del principio di “equivalenza causale” ha due condizioni:

– il nesso causale tra l’esposizione a sostanze nocive e l’evento infausto può ritenersi dimostrato quando si può provare che la prova che la condotta obbligatoria omessa avrebbe potuto incidere anche soltanto sull’incubazione o sul decorso della malattia.

– nel caso di malattia ad origine multifattoriale, il nesso di causalità relativo all’origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma deve essere concretamente dimostrato, anche a livello “probabilistico”.

Una corretta indagine sull’origine professionale influenza in modo decisivo anche l’azione prevenzionale, in quanto fondata sullo stretto nesso tra l’individuazione dei fattori di rischio e l’adozione delle misure a tutela della salute.

In particolare, è senz’altro utile analizzare l’andamento statistico delle malattie professionali indennizzate per cogliere le situazioni lavorative nelle quali si annida ancora il rischio e le lavorazioni nelle quali siano ancora presenti rilevanti esigenze di intervento prevenzionale.

I dati statistici più aggiornati

Per comprendere la portata delle modifiche apportate alla tabella, si deve richiamare l’attenzione sulla rilevanza del fenomeno delle malattie professionali, sull’evoluzione dei fattori di rischio e sugli aspetti che permangono ancora maggiormente critici.

L’attuale riferimento è costituito, in sede amministrativa, dalle Istruzioni operative dettate dall’Inail nel 2006.

Le malattie professionali si caratterizzano, a differenza degli infortuni, per il loro sviluppo lento.

Questa caratteristica rileva su diversi profili:

  • la durata (minima) della esposizione (fondamentale la distinzione tra carattere non occasionale ovvero abituale e sistematico),
  • la presenza di eventuali periodi di latenza (ossia la lenta azione del fattore di rischio che si manifesta anche a distanza di anni),
  • l’evoluzione nel tempo (ad. es., cronicizzazione).

Tali elementi sono stati finalmente evidenziati nella nuova tabella ed incidono profondamente: 

  • sul collegamento causale con la lavorazione svolta (ai fini della connotazione della malattia come professionale)
  • con il periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione della lavorazione (entro il quale può denunciare la malattia).

Ai fini della lettura del dato statistico, appare fondamentale distinguere tra malattie denunciate, riconosciute e indennizzate, posto che il dato veramente incidente sulle decisioni prevenzionali si appunta anzitutto su quelle riconosciute/accertate dall’Inail e, poi, su quelle indennizzate.

Secondo i dati più recenti, estrapolati dalla banca dati dell’Inail, le denunce delle malattie professionali hanno riguardato prevalentemente il sistema osteoarticolare ed il tessuto connettivo (41.960 casi).

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